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Intervista al Maestro Chen Bing – 2010

Sergio Raimondo

Intervista al Maestro Chen Bing – 2010

Intervista al maestro Chen Bing

Dall’1 al 13 dicembre 2010 il Maestro di Taijiquan Chen Bing è stato ospite a Roma dell’ASD Il campo del cinabro, presieduta dal vicepresidente nazionale ADO Sergio Raimondo e diretta dal M°Gianna Sabatelli, componente dell’Esecutivo nazionale del settore Taijiquan. Il Maestro è ancora giovane essendo nato nel 1971 a Chenjiagou, contea di Wenxian, provincia di Henan, RPC – località dichiarata ufficialmente dalle autorità cinesi luogo di nascita del Taijiquan – eppure è già un autorevole esponente della XX generazione della famiglia Chen. Infatti, non solo è titolare di un ricchissimo palmares tanto nelle forme a mani nude e con armi quanto nel combattimento, ma ricopre anche prestigiosi riconoscimenti istituzionali e accademici sia in Cina che all’estero – www.chenbing.org.

E’ la sesta volta, a partire dal 2006, che viene a insegnare in Italia – in un primo tempo solo a Roma, poi anche a Milano – riscuotendo un notevole successo tra i numerosi praticanti, provenienti da tutte le regioni e anche dall’estero. Tra le novità del programma di quest’anno, si è anche svolto lo scorso 12 dicembre un seminario sulle applicazioni del taijiquan alla difesa personale aperto a tutti i praticanti dell’ADO. Vi hanno così preso parte circa cinquanta atleti, tra i quali figuravano anche i Maestri di Taijiquan stile Yang Bruna Moratti e Gianvittorio Ardito con i loro allievi, ma anche praticanti di Kungfu e di Taekwondo, mentre gli amici del Karate sono stati trattenuti dal successo di un’altra iniziativa concomitante della loro disciplina. L’incontro è stato sostenuto dal Comitato territoriale di Roma e dall’ADO Lazio, in coerenza con l’indirizzo interdisciplinare che fa parte del programma dell’ADO su scala nazionale. La sede del seminario è stata la stessa dove insegna il Maestro di Taekwondo Hosinsul Claudio Gramiccia, il quale ha fatto gli onori di casa dirigendo il saluto iniziale e mettendo a disposizione una medaglia celebrativa del Natale di Roma emessa dal Comune. L’omaggio è stato consegnato all’illustre ospite dal presidente del Comitato di Roma, Andrea Novelli, il quale ha potuto apprezzarne la sentita riconoscenza rivolta all’intera città di Roma.

Durante il suo soggiorno romano, il M°Chen Bing ha acconsentito a rispondere alle seguenti domande preparate da Sergio Raimondo e tradotte in cinese, come le relative risposte, da Amanda Carloni. L’intera intervista in cinese è stata anche audioregistrata. Le opinioni che vi sono espresse rappresentano un’autentica lezione di vita, ma offrono spunti persino sorprendenti  circa la comparazione tra culture diverse così come sul futuro stesso del Taijiquan.

Come è stato introdotto allo studio del Taijiquan e da chi?

La mia prima insegnante di Taijiquan è stata mia zia Chen Ying, è stata lei ad aprirmi la porta di quest’arte marziale. La mia formazione è poi proseguita con i miei zii Chen Xiaowang e Chen Xiaoxing.

Ci può raccontare qualche episodio significativo della sua vita in merito alla sua formazione nel Taijiquan?

Quello che considero più significativo del mio percorso è il fatto che quando ho iniziato a praticare Taijiquan, a sei anni, non mi piaceva e poi col tempo invece mi sono appassionato. All’inizio infatti erano gli adulti della mia famiglia che mi costringevano a praticare, se mi opponevo mi punivano e mi picchiavano. Per i primi dieci anni è stato così: non mi piaceva e pensavo che da grande avrei smesso di allenarmi. Quando avevo circa sedici anni, però, ho iniziato a cambiare, mi sono reso conto che i miei zii, grazie alla pratica quotidiana, avevano sviluppato forza e capacità straordinarie, ed erano molto apprezzati e rispettati da tutti per il livello del loro Taijiquan. Ho capito che volevo essere come loro, e ho compreso inoltre l’inestimabile valore della tradizione della nostra famiglia, la responsabilità di portarla avanti. Se non avessi cambiato il mio modo di pensare adesso non sarei insegnante, senza l’esempio dei miei zii e dei miei antenati non sarei diventato quello che sono oggi.

Quali sono state sino ad ora le maggiori soddisfazioni ottenute grazie al Taijiquan?

Prima di tutto riuscire a praticare bene per me stesso, poi aprire una scuola e diffondere il Taijiquan fare come i miei zii e i miei nonni, come i miei antenati prima di loro. Ogni generazione della nostra famiglia ha portato avanti il Taijiquan, sono felice di farlo anch’io: penso che interrompere questa tradizione sarebbe una grave perdita.

Lei dirige da alcuni anni una propria struttura frequentata da molti bambini e giovani, ci può spiegare come questi fanciulli si avvicinano a questa istituzione?

Per ampliare e diffondere il Taijiquan la forza di una sola persona è troppo poco, per questo ho deciso di aprire una scuola e formare insegnanti che mi aiutino in questo compito [ www.chenjiagou.net]. I bambini sono felici di praticare nella mia scuola perché io li faccio allenare in modo che si divertano, voglio che per loro il Taijiquan sia da subito un’esperienza piacevole e che questo li invogli a continuare. Non voglio che facciano la mia stessa esperienza, non voglio che siano costretti a praticare e picchiati se non lo fanno, com’è successo a me. Per questo li incoraggio e li guido, non li costringo: suscito in loro interesse, e loro imparano volentieri.

Nella struttura vivono anche alcuni bambini e giovani con difficoltà sociali? Come sono arrivati? Esiste un programma pubblico, anche solo a livello dell’autorità locale, che prevede questo tipo di assistenza?

Nella mia scuola c’è una regola: se uno studente è povero non c’è problema, l’importante è che si impegni e studi con profitto, se si applica e pratica seriamente può restare anche se non è in grado di provvedere a coprire le spese.  Diamo aiuto agli studenti poveri grazie al sostegno di amici del Taijiquan e di studenti con situazioni economiche meno disagiate. Ci sono molte persone che si recano a Chenjiagou in visita, vengono a conoscenza del programma di aiuto per gli studenti poveri e decidono di contribuire, come hanno fatto Gianna e Sergio: molti amici e discepoli hanno seguito il loro esempio.
N.B. Dal settembre 2009, Il campo del cinabro sostiene una bimba nella scuola del Maestro, mentre dal dicembre successivo Mattia Morena, dirigente dell’Uisp di Roma, ne sostiene un’altra.
I bambini sanno che i soldi non sono un problema, tutto quello di cui devono preoccuparsi è di praticare con impegno e serietà.
Sempre per dare un contribuito alla società, in occasione del terribile terremoto che ha colpito il Sichuan abbiamo organizzato una dimostrazione di beneficenza: gli spettatori davano un contributo e il ricavato è stato inviato in Sichuan per gli aiuti alla popolazione colpita dal sisma.

Oltre che in Cina, in quali paesi ha insegnato e quando?

Mi reco a insegnare ogni anno in Corea e Giappone ormai da dieci anni, negli Stati Uniti da otto e in Europa da cinqueN.B. Oltre che nel nostro paese, il Maestro è invitato anche in Austria, Spagna e Svizzera].

Sono dunque diversi anni che Lei si reca a insegnare in Occidente. Che idea si è fatto delle diverse culture con cui è entrato in contatto, sia in America che in Europa?

All’estero mi trovo bene, insegnare è facile perché gli studenti sono molto disciplinati, probabilmente perché la popolazione è meno numerosa rispetto alla Cina. In Cina invece le persone sono tantissime, e ogni aspetto della vita, oltre l’insegnamento, diventa più caotico.
L’ambiente naturale, poi, è molto bello, armonioso e ordinato: gli animali e gli esseri umani si integrano bene. In Cina dobbiamo prendere esempio da questi aspetti e svilupparli per migliorare noi stessi e la nostra società.

Cosa ci può dire in particolare dell’Italia, il primo paese europeo dove lei è stato invitato?

La particolarità dell’Italia è la lunga storia di questo Paese, e la grande tradizione culturale che lo contraddistingue: la tradizione artistica in particolare è veramente imponente e brillante. Quando in Cina parliamo della cultura europea prendiamo l’Italia come esempio rappresentativo, soprattutto dal punto di vista artistico.

Riguardo alla pratica del Taijiquan, quali sono le principali differenze e similitudini tra i praticanti occidentali e quelli cinesi?

Il punto in comune è che tutti praticano Taijiquan per un motivo: comprendere la cultura e la tradizione di quest’arte marziale, e migliorare se stessi, il proprio corpo e la propria mente.
Le differenze sono le basi culturali: gli occidentali sanno troppo poco del Taijiquan, i cinesi invece sono nati nell’ambiente che ha dato vita a quest’arte, per cui anche se non praticano ne sanno comunque molto.
Un’altra differenza è che i cinesi praticano da soli per molto tempo anche fuori dalle lezioni con gli insegnanti, anche a casa, gli occidentali invece no, probabilmente non hanno il tempo o lo spazio. Invece la pratica individuale è fondamentale per progredire, non bastano le lezioni con gli insegnanti: nel mio caso, per esempio, per assimilare quello che i miei zii mi insegnavano in un mese erano necessari almeno cinque anni di lavoro individuale.

Lei e gli altri Maestri della famiglia Chen ripetete spesso che il Taijiquan è uno strumento dell’amicizia tra i popoli. Che cosa ci può dire al riguardo?

La filosofia del Taiji ci fornisce il principio di armonizzazione dei contrasti attraverso la morbidezza: quello a cui dobbiamo tendere è una pacifica risoluzione delle contraddizioni, non la sopraffazione dell’altro. Sconfiggere con la forza l’avversario per schiacciarlo e farci obbedire non porta a nulla, solo a un’apparente risoluzione di un conflitto che ne genererà molto probabilmente uno ancora più grave. La morbidezza esterna guidata dalla forza interiore è fondamentale per risolvere le contraddizioni e i conflitti tra tutti gli esseri umani: così le persone vanno d’accordo.

L’impetuosa diffusione del Taijiquan in Occidente negli ultimi decenni si è svolta spesso senza alcuna forma di disciplina. Qual è la sua opinione al riguardo?

Non va bene: se lo sviluppo troppo rapido non è seguito dalla disciplina le cose vanno a rotoli. Quando diffondiamo la cultura dobbiamo conservarla e proteggerla, senza disciplina la cultura non si preserva, c’è solo confusione e mancanza di rispetto per il tesoro culturale che è il Taijiquan.

Da alcuni anni vengono organizzati esami per l’ottenimento dei gradi rilasciati dalla Chinese Wushu Association per gli allievi del G.M. Chen Xiaowang. Crede sia necessario orientare lo sviluppo futuro dello stile della sua famiglia con forme organizzative più strutturate?

Penso che serva un’unica organizzazione, più grande e più forte, che riunisca tutti i praticanti di Taijiquan, che si sviluppi seguendo traiettorie chiare e che persegua obiettivi ben definiti.

Quali iniziative ritiene più opportune in questo senso?

Innanzitutto è necessario il sostegno del governo, poi serve una persona importante che ci metta la faccia e si prenda la responsabilità. Se fosse Chen Xiaowang a farlo, per esempio, tutti i suoi discepoli e i loro studenti lo seguirebbero senza dubbio, e tutti noi membri della famiglia saremmo assolutamente d’accordo.